NOSTALGIA DI PRA CATINAT

Daniel Roberts

Penso sempre a PràCatinat nelle mie giornate migliori, ma durante la qurantena ancora di più.
Ah! che sogno essere su un pendio della val Chisone e Torino che si estende all’orizzonte: fragoline di bosco e farfalle, sorgenti dall’acqua cristallina e il clangore di un gregge errante; il suono di un quartetto d’archi che fluttua sù per i boschi dalla Sala Rostropovich.

Il 12 marzo il Piemonte era un ricordo lontano da New York, ma Milo- studente Xenia nonché mio figlioccio- era al mio fianco col suo skateboard, allegra compagnia per i miei vagabondaggi tra la miriade di moli del Brooklyn Bridge Park. Era uno di quei giorni nella Grande Mela- il ciano del cielo si estendeva in qualche modo ancora più distante grazie alla luce del sole che rimbalzava sulle facciate dei grattacieli. Da qualche parte a nord dell’Empire State Building c’era la Carnegie Hall, in attesa.
“Debutto alla Carnegie Hall venerdì, eh? Sei nei guai Padrino!”
Ero sottoposto a ciance superstiziose di questo tipo dal momento in cui la data del concerto era stata annunciata, ma adesso eravamo lì, a un tiro di schioppo da Manhattan e sole ventiquattr’ore all’ora X.
Poi, l’inimmaginabile:
“Daniel…”-il nostro agente americano al telefono da Boston-“…il concerto è saltato”.

Il Quartetto Castalian è stato il primo della lunga lista di cancellazioni Covid della Carnegie Hall. Ventiquattr’ore al nulla; un rapido decrescendo. Prima di essere rispedito da Trump in Inghilterra ho detto adieu a Milo e ripiegato sul cottage dei miei genitori a Giggleswick, Yorkshire, dove l’atmosfera non era delle più distese. “Perché non stai studiando, figliolo?” Mentre i balconi di Bologna e le strade di Bayswater si univano in musica, io il violino non volevo vederlo nemmeno in cartolina. A che pro? Nessun concerto per mesi. “Come arrivi alla Carnegie Hall? Aspetti che finisca una pandemia.” Un quartetto d’archi messo a tacere, un’esecuzione perpetua di 4’33’’.

Dopo un paio di settimane sono riuscito a decidermi a tirare fuori il violino dalla custodia. Era mai stato testimone di qualcosa del genere, nei suoi 300 anni di vita? Non riuscivo a ricordare l’ultima volta che mi fossi preso due settimane di pausa. Il suono era orribile, assordante, ma nonostante ciò l’adoravo, come se percepissi tra le mani quel tesoro di legno per la prima volta. Che segreti si nascondono dietro la tua vernice? Perché il tuo fondo è adornato da queste linee, striato di cannella come una tigre del mar Caspio? La tua vernice, terra bruciata e rosso sangue, ha sempre avuto un profumo così dolce? Ero stato riportato nella soffitta di legno di pino della mia casa d’infanzia, dove il mio modellino di treno correva su binari disposti a forma di otto. Ero un bambino di nuovo. Giocavo.
Tutto era così rilassato- braccio dell’arco flessibile, vibrato languido. Ho sentito di persone che stavano imparando i concerti che non avevano mai avuto modo di affrontare, altri si registravano per suonare duetti con sé stessi. Forse avrei dovuto fare qualcosa del genere, ma ero regredito- ero tornato alle basi. Senza un concerto all’orizzonte, stavo sperimentando di nuovo cosa vuol dire suonare senza il bisogno di raggiungere un obbiettivo: ridevo per sbagli che mi avrebbero fatto impazzire pre-lockdown; mi meravigliavo quando riuscivo a tirar fuori mezzo suono decente da uno strumento dal valore incommensurabile; mi sembrava di sentire tutto di nuovo per la prima volta, mi stavo prendendo i miei tempi. Non devo dimenticarmi di continuare a farlo quando tutto ricomincerà.
Quindi eccomi qui nello Yorkshire, un secondo violino solista che si affanna per il prossimo ordine al supermercato e per il modo migliore di lavorare su Zoom. Ci sono cavalli shire e alpaca lungo la strada. Una mucca delle Highlands spunta da dietro una frangia mal tenuta più o meno come me. Non sapevo che esistessero così tante varietà di pecore: alcune col pelo riccio, altre nero inchiostro, agnellini saltellanti, agnellini rotolanti. Quando saltano le staccionate le madri trotterellano via mentre loro puntano le teste verso di noi con aria interrogativa- volete venire a giocare?
Il giardino straripa di campanule blu e bianche e del rumore delle mazze da golf contro le palline- il “putting-green” di papà, un percorso Covid di maledizioni, frustrazione e sporadiche buche al primo colpo. Ci sono anche alberi e cespugli, i cui nomi non mi sono mai preoccupato di imparare, profumati e frementi di passeri e fringuelli. Durante la stagione di concerti non mi fermo a notare queste cose; non devo dimenticarmi di continuare a farlo quando tutto ricomincerà.

Un giorno io e Milo risaliremo tutti quei tornanti per tornare a PràCatinat e fare musica insieme. Ci prenderemo il nostro tempo: ci fermeremo a guardare il panorama e non ci perderemo nulla; mangeremo fragoline di bosco e berremo da sorgenti gorgheggianti; giocheremo. Se promettiamo di fare tutte queste cose, voi promettete di esserci?
Ci troverete appena fuori la Sala Rostropovich, a cercare agnellini.

Daniel Roberts
Daniel Roberts

COME SENTIVA BEETHOVEN?

Avete mai provato ad ascoltare il video dell’esecuzione di un pezzo di musica senza l’audio? Che cosa sentite se lo guardate solamente? A guardare un quartetto d’archi mentre suona , osservandone certi gesti, i movimenti degli archi e della mano sinistra degli strumentisti, possiamo farci un’idea del risultato sonoro traducendo il visibile in udibile. Riusciremmo però a capire anche la qualità dei suoni emessi, la pulsazione e le dinamiche? E il carattere del brano  le direzioni dei fraseggi? Proviamoci!

Durante il periodo di quarantena molti di noi hanno tenuto – e frequentato- lezioni tramite Zoom e Skype e abbiamo dovuto fare sovente affidamento sui nostri occhi, a causa della qualità di trasmissione dei suoni non sempre ottimale. Credo che in questa situazione la nostra percezione uditiva sia stata integrata ed incrementata almeno del 50%, per necessità, dall’osservazione attenta dell’utilizzo dell’arco.

Seguire una partitura in silenzio, immaginando non solo suoni e ritmi ma anche carattere del brano e qualità del suono fisico è sempre un esercizio prezioso. Farlo anche seguendo un video ‘muto’ è altrettanto utile.

Come ascoltava Beethoven? È risaputo come negli ultimi anni della sua vita Beethoven fosse quasi del tutto sordo, a tal punto che quando nel marzo 1825 venne eseguita la prima del suo Quartetto op. 127, sapendo di non poterlo ascoltare, il compositore non fu presente al concerto. Quando il nipote ed il fratello gli raccontarono che la prima esecuzione da parte del quartetto di Ignaz Schuppanzigh era stata un fallimento, Beethoven, fumante di rabbia, decise di sostituire a Schuppanzigh il giovane violinista ungherese Joseph Böhm come primo violino per la seconda esecuzione dell’op. 127. Beethoven avvertì subito Böhm: ‘Verrò ad ascoltare TUTTE le prove’ – notizia che rese non poco nervoso il quartetto!

Successivamente Böhm descrisse così questa esperienza:

Provare in presenza di Beethoven non era facile. I suoi occhi seguivano il movimento degli archetti con grandissima attenzione, (…) in modo da riuscire ad apprezzare ogni minima fluttuazione di tempo o di ritmo e correggerle all’istante. Verso la fine dell’ultimo movimento (dell’op. 127 ndr) era segnato un ‘meno vivace’ che a me pareva indebolire l’effetto generale della sezione. Per questo in prova consigliai agli altri musicisti del quartetto di mantenere il tempo originale, il che produsse un risultato migliore. Beethoven, rannicchiato in un angolo, non udì nulla, ma ci guardava fisso con la massima attenzione. Dopo gli ultimi colpi d’arco disse laconicamente: ‘Così resti’ e, avvicinandosi ai leggii degli strumentisti, tirò una riga sul ‘meno vivace’ per cancellarlo da tutte e quattro le parti’.

E. W.

QUARTETTI DI HAYDN

Continuiamo con il nostro fil rouge a proposito dei Quartetti di Haydn! Questa volta vi presentiamo il contributo di Eilís Cranitch, membro fondatore e docente dello Xenia Chamber Music Course e Presidente dell’Associazione Ensemble Xenia.

F. J. Haydn, Quartetto op.33 n.2 – (La burla) – ‘Guida dell’imbroglione’ 
Eilís Cranitch

Si sa che Franz Joseph Haydn faceva spesso degli scherzi musicali, nascosti dentro la scrittura del brano, o addirittura veri e propri scherzi come per esempio la Sinfonia degli Addii dove uno a volta i musicisti se ne vanno piano piano, lasciano un solo violinista per chiudere la sinfonia!  Per questo motivo, che un suo quartetto abbia il soprannome “The Joke” non è tanto sorprendente. Quello che è sorprendente in questo caso è quanto sia stato davvero birichino, soprattutto nell’ultimo tempo di questo quartetto op.33 n.2 ,dove  per ben tre volte ci ha ingannato con delle false chiusure! A dire il vero in tutti i movimenti del quartetto ci sono degli scherzi nascosti nella scrittura.

Nel primo tempo, il secondo tema non esiste in quanto quello che si presenta è una variante del primo tema, cioè alcuni frammenti mischiati e ripresentati. Questo fatto è particolare perché Haydn comunque rispetta la costruzione in forma sonata del movimento.  

Nel secondo tempo troviamo un’innovazione che caratterizza tutti i quartetti dell’Op.33, cioè che Haydn sostituisce il più elegante Minuetto e Trio con uno Scherzo più veloce, mantenendo comunque il tempo di tre quarti.  In alcuni quartetti lo Scherzo si trova come secondo movimento, qualche volta invece come terzo movimento. Un altro scherzo Haydniano ??? 

Questo particolare movimento vede il primo violino suonare una danza ruspante austriaco “ Schuhplattler” che ha ben 10 battute e non le solite 8 battute ! Haydn ha inserito 2 battute proprio in mezzo alle due frasi da 4 battute, che suonano proprio come un’interruzione alle danza !  Il Trio vede il primo violino fare dei glissandi da una nota all’altra con l’effetto di un singhiozzo, come da ubriaco, o come l’ imitazione di un “fiddler” maldestro ! Haydn voleva sicuramente suscitare qualche bella risata con tutto ciò!

Il terzo movimento non sembra avere delle sorprese ma udite udite, il bel tema cantabile è presentato dalla viola e violoncello, e non dal primo violino! Questa già di per se è uno scherzetto ! Non solo, ma più avanti il primo violino si trova ad accompagnare il duetto del tema suonato dal secondo violino e viola ……povero primo violino !!! Tranquilli, il primo violino si rifarà nel Finale, quando dovrà, in questo tempo veloce e presto, guidare lo scherzo, anzi gli scherzi per una chiusura di tanti inganni! Troppo divertenti tutte queste false chiusure! Non è sorprendente allora che questo quartetto è stato soprannominato “The Joke”!

Buon divertimento !

Consigli per l’ascolto:

Buchberger Quartet   

F. J. Haydn op. 33 n. 2 (con partitura)

F. J. Haydn op. 33 n. 2 (solo audio)

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