Qualche pensiero su Bach

Scriveva Martin Lutero: ‘La Musica è un dono sublime che Dio ci ha dato ed è simile alla Teologia. (…) Bisogna abituare i giovani a quest’arte perché essa rende gli uomini buoni, delicati e pronti a tutto’. Il pensiero di Lutero precorreva i tempi. Al giorno d’oggi è  ormai riconosciuto come i bambini che inizino in giovane età ad imparare la musica sviluppino coordinazione fisica e memoria più rapidamente dei coetanei.

Tuttavia, la maggior parte delle persone oggi non vede la musica sacra come parte integrante della pratica religiosa, ma come musica da ascoltare nei concerti o nelle registrazioni. Nel creare la sua opera Johann Sebastian Bach, discendente di una lunga dinastia di musicisti della Turingia, si dimostrò profondamente luterano. Per lui la musica -sia vocale che strumentale- era un modo per glorificare Dio. Da qui la sua accettazione del posto di Cantor della chiesa di San Tommaso a Lipsia, dove scrisse due cicli di cantate per le celebrazioni del calendario cristiano. Molti dei corali di Lutero, composti per essere cantatidurante le funzioni religiose, si trovano al centro del lavoro di Bach, non solo nelle Cantate e nelle Passioni, ma anche nelle opere strumentali. Molti musicologi sottolineano che nella produzione successive a quella di Lipsia Bach divenne più astratto e “matematico”.

Come ci racconta Adrian Pinzaru nella sua intervista, il compositore ha usato le note B-A-C-H (si bemolle, La, Do, Si) nell’ultima parte incompleta dell’Arte della Fuga (Fuga a 3 soggetti) come una sorta di firma musicale o monogramma. Questo monogramma in musica fu utilizzato da Bach in molte delle sue opere precedenti, come ad esempio nella Messa in si minore e le Variazioni Goldberg, spesso presente in modo poco appariscente o addirittura nascosto. Nel tradurre le note in numeri, l’A, B, C del nostro alfabeto diventa 1,2,3 e così via. Sommando le cifre corrispondenti alle lettere di Bach, il cognome del compositore ha come risultato 14 (: A-1, B- 2, C-3, H -8), un numero che divenne simbolicamente importante per Bach. Opere che avevano per lui un significato particolare spesso erano in 14 movimenti, come ad esempio le Cantate BWV75 e BWV76, le prime della serie composta a Lipsia (l’anno luteranoaveva inizio la prima Domenica dopo Trinità, a Maggio/giugno) Ma l’esempio più straordinario sono i 14 Canoni sull’ostinato Goldberg, riscoperti solo nel 1974 in un vecchio volume – niente meno che la copia personale di Bach delle Variazioni Goldberg- sul retro del quale sono stati trovati gli altri14 Canoni.

Il tredicesimo di questi canoni è il Famoso Canon Triplex, scritto su un foglio che Bach tiene in mano nel ritratto che di lui fece il pittore Hausmann. Questo era il secondo ritratto commissionato da Bach con l’obiettivo di essere ammesso a far parte della Sozietät der Musicalischen Wissenschaften di Lorenz Mizler, società che aveva lo scopo di rendere disponibili I trattati musicali per mezzo della corrispondenza (altri illustri compositori che appartenevano alla Società erano Handel e Telemann.) Bach, tuttavia, preferì inviare alla Società qualcosa di più tangibile di un’opera teorica scritta e scelse i 14 Canoni, un risultato compositivo straordinario. Bach è ritratto da hausmann mentre tiene in mano un foglio di carta con tre pentagrammi: questi costituiscono il Canon Triplex a 6 voci, tredicesimo dei quattordici. Il manoscritto sembra così semplice… come si può leggerlo? Ecco il trucco: va letto da triplice punto di vista, quello dell’osservatore, quello di Bach che guarda verso il basso e a partire dal segno in cui Bach indica di iniziare il canone con una misura di ritardo – il tutto, naturalmente, anche all’inverso, capovolto e con I debiti cambi di chiave.

Johann_Sebastian_Bach
Bach Hand
canontriplexa6
Bach, Canon a 6 voci

Bach fu un compositore incredibilmente prolifico: scriveva molto e molto velocemente. E’ confortante sapere che a volte riutilizzasse qualche idea musicale. Ecco una esempio: la Sinfonia di apertura della Cantata BWV 29 (Wir danken dir, Gott), basata su un’opera strumentale famosa. Gli strumentisti ad arco conosceranno di sicuro il brano in questione. Di quale si tratta? Suona meglio con un’orchestra bachiana intera?

J. S. Bach, Cantata BWV 29 Wir danken dir, Gott
                                                                                                                                                                                                   E.W.                                

J. S. Bach, L’Arte della Fuga
Intervista ad Adrian Pinzaru, Delian::Quartett
  • Che cos’è l’Arte della Fuga?

È uno dei pilastri della cultura occidentale, paragonabile solo ad opere come il Faust di Goethe, la Divina Commedia di Dante, all’Ulisse di Joyce oppure la Flagellazione di Cristo di Piero Della Francesca. È un’opera che, nella mia percezione, raggiunge la perfezione, un’opera che racchiude tutti i livelli di lettura e di esegesi possibili: poetico, filosofico, religioso. È un lavoro di pura astrazione però con momenti poetici di sublime livello. L’Arte della Fuga rappresenta, da un certo punto di vista, anche un grande paradosso: essendo composto da fughe e canoni è facilmente analizzabile ma più vai a fondo nel processo intellettuale più hai la sensazione di allontanarti dal suo significato profondo. È un lavoro, come dicevo prima, che raggiunge la perfezione e provare a definirlo è un po’ come cercare di definire Dio: è impossibile se non usando le parole di Dio stesso. L’Arte della Fuga è la Musica e pertanto può essere definita solo usando le note che la compongono, che ne costituiscono il corpo e lo spirito.

Ecco cos’è l’Arte della Fuga’.

  • Potresti dare qualche breve consiglio e indicazione per l’ascolto ad un ascoltatore che non conosce l’opera?

Essendo una delle opere artistiche più studiate della storia non ho molto da aggiungere alle analisi fatte da illustri artisti e musicologi. Mi sentirei solo di dare un piccolo consiglio. Riporto ciò che abbiamo scritto nel libretto del nostro CD. Abbiamo suggerito all’ascoltatore di non mettere il CD e ascoltare tutta l’Arte della Fuga, ma di inframmezzare ogni tanto la quotidianità con una fuga. È come la scatola di cioccolatini che teniamo nell’armadio: ogni tanto ci passiamo vicini, ne prendiamo uno e abbiamo quell’attimo di piacere. E poi continuiamo con la nostra vita. L’Arte della Fuga non è un’opera da ascoltare ‘di fila’. Non perché non abbia una soluzione di continuità, ma perché è talmente densa che la mente potrebbe non essere in grado di seguire tutto. Ad un certo punto, di norma, si verifica un distacco dell’attenzione. La mente si rifiuta di seguire tale complessità. Quindi forse il consiglio migliore che possa dare all’ascoltatore è di andare, ogni tanto, a prendere un cioccolatino. 

  • Come siete arrivati a studiare, suonare e poi incidere L’arte della fuga?

Allora il percorso che abbiamo fatto che ha portato all’incisione dell’Arte della Fuga è stato come qualunque altra opera che abbiamo inciso. Uno arriva con la proposta, in questo caso sono stato io: ‘Perché non studiamo qualche contrappunto dell’Arte della Fuga? Così studiamo l’intonazione, l’insieme e poi, insomma, suoniamo un gran pezzo di musica’.

E così abbiamo iniziato nel 2010 anzi prima, nel 2009, a suonarlo e man mano che siamo andati avanti scoprendone sempre di nuovi è nata l’idea. Questo lungo percorso di ricerca e duro lavoro, sebbene senza avere mai la pretesa di un’esegesi epifanica, ci ha portato a sviluppare un’idea interpretativa e, ad un certo momento, abbiamo sentito che andasse fissato per sempre. E così, nel 2015, ci siamo detti: ‘Ma perché non ci facciamo un regalo registrando l’integrale? Perché in fondo questo progetto non è stato altro che un grande regalo che abbiamo fatto a noi stessi.

È stato forse po’ un discorso egoistico. So che anche i miei colleghi la pensano così, ma io parlo per me: ho la sensazione di aver dato al mio ego il massimo – per così dire- di soddisfazione.

E quindi abbiamo registrato l’arte della Fuga.

  • Quali ricordi particolari e significativi hai del periodo di studio e del lavoro di incisione?

Un’opera così importante lascia senza dubbio segni profondi. Negli anni ci sono stati tanti momenti che hanno lasciato traccia ma vorrei raccontarne uno in particolare che è legato alla registrazione. Mi ricordo che, finita la registrazione, arrivai in albergo a Düsseldorf, da dove avrei dovuto il giorno dopo volare per ritornare a casa, completamente stravolto. Erano le diciannove e quaranta. Mi distesi sul letto pervaso da un profondo senso di stanchezza e con un interrogativo: quale sarà il mio prossimo progetto? Me lo stavo chiedendo perché avevo la netta sensazione che, dopo l’Arte della Fuga, non ci potesse essere altro che silenzio. Studiare quest’opera è stato come cercare la fonte della creatività stessa, come risalire un fiume per trovarne la sorgente. In quell’istante mi sentivo ad un passo dalla rivelazione del mistero. Avevo raggiunto il confine ultimo e, ahimè, per me invalicabile, oltre il quale c’è la vera conoscenza, la Verità. La Verità era però avvolta dal silenzio ed era ciò che io intravvedevo oltre quel confine.

Ovviamente la vita è andata avanti e io, tornando alla normalità, diedi molte risposte a quell’ interrogativo.

CONSIGLI PER L’ASCOLTO

J. S. Bach, L’Arte della Fuga – Delian::Quartett

 Contrapunctus 1  

Contrapunctus 9

      

CONSIGLI DI LETTURA

A. Schweitzer, J. S. Bach. Il musicista poeta, Jouvence 2013

D. Tovey, Guida all’Arte della Fuga, trad. Max Olitz, 2019

John Eliot Gardiner, La Musica nel castello del cielo, Einaudi, 2015

                                    

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