PAPÀ HAYDN E IL SUO TEMPO

Il cosiddetto ‘Padre del Quartetto d’archi’ fu Franz Joseph Haydn (1793-1809), compositore austriaco che scrisse circa 70 quartetti nell’arco di trentotto anni, tra il 1762 e il 1799!

Quali altri compositori scrivevano per quartetto d’archi all’epoca di Haydn?

Primo tra tutti Luigi Boccherini (1743-1804), una sorta di ‘co-fondatore’ del quartetto, attivo in Spagna con una produzione di circa cento quartetti coeva a quella delle prime opere di Haydn e da esse influenzata. In Austria Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), giovane amico di Haydn, compose tra il 1770 e il 1790 ventitré quartetti, tra cui il gruppo dei sei celeberrimi ‘Quartetti Haydn’ dedicati, appunto, al Maestro più anziano. Sempre in Austria era attivo anche Ludwig van Beethoven (1770-1827), compositore tedesco trasferitosi a Vienna proprio per studiare con Haydn nel 1792, l’anno dopo la morte di Mozart. Beethoven compose la sua prima raccolta di sei quartetti, l’op. 18, nel 1799, anno in cui Haydn componeva i suoi ultimi quartetti completi, l’op. 77. Pare che Haydn fosse rimasto talmente colpito dagli straordinari risultati di Beethoven che decise di ‘cedergli il passo’, portando a termine solo due quartetti per l’op. 77 anziché una raccolta canonica di sei.

COMPOSITORI STRUMENTISTI

Mozart a Beethoven erano entrambi pianisti eccezionali, famosi per le loro improvvisazioni e per l’esecuzione delle proprie composizioni.

Haydn, Boccherini, Mozart e Beethoven suonavano tutti anche strumenti ad arco per poter leggere ed eseguire i propri quartetti e quelli dei loro amici. Quali strumenti suonavano? E avrebbero potuto formare un quartetto se si fossero trovati nello stesso posto allo stesso tempo? (Purtroppo questo non è mai successo!).

MECENATISMO E MUSICA

Per coincidenza Haydn e Beethoven condividevano un mecenate a Vienna, il principe Joseph Franz von Lobkowitz, un dilettante boemo proprietario di diversi palazzi, a Vienna e a Praga. Il principe fu descritto da un contemporaneo come un “un pazzo appassionato, che suonava musica dall’alba al tramonto e spendeva una fortuna in musicisti!”, infatti aveva una orchestra privata!

Fu Lobkowitz a commissionare i quartetti op. 18 a Beethoven e l’op. 77 a Haydn.    Come segno di gratitudine per il sostegno economico e l’ospitalità ricevute così generosamente dal Principe, Beethoven gli dedicò diverse opere importanti – i quartetti op. 18, la terza, la quinta e la sesta Sinfonia, il Triplo Concerto e il quartetto ‘Delle arpe’ op. 74!  Niente male!

BEETHOVEN E I SUOI MECENATI

Diamo un’occhiata ai principali mecenati (gli ‘sponsor’ dei nostri giorni) sostenitori di Beethoven.  Conoscete qualche opera che porta il loro nome? O pezzi a loro dedicati?

Il principe Karl Lichnowksy era stato amico di Mozart e la sua bellissima moglie era un’eccellente pianista. Diedero a Beethoven una rendita sostanziosa, un quartetto di bellissimi strumenti italiani (2 violini di Giuseppe Guarneri e Nicola Amati, una viola di Vincenzo Ruggeri e un violoncello di Andrea Guarneri), e stanze d’alloggio nel loro palazzo. Molte tra le opere di Beethoven sono state eseguite per la prima volta durante le serate musicali ed i concerti che si tenevano regolarmente ogni venerdì nel Palazzo dei Lichnowsky. Beethoven ripagò i principi della loro grande generosità con le sue dediche, facendo in modo che i loro nomi siano passati alla storia!

Il conte russo André Razumovsky, ambasciatore russo alla corte di Vienna, stipendiava un quartetto nel quale egli stesso suonava a volte la parte del secondo violino; l’Arciduca Rodolfo, poi Arcivescovo di Olmütz, fu uno degli allievi di pianoforte di Beethoven e forse il suo sostenitore più importante.

IL PRIMO QUARTETTO D’ARCHI PROFESSIONALE

Quando si è formato il primo quartetto professionale? Come lavorava? Organizzava i propri concerti o riceveva inviti a suonare? Per quali compositori è nato?

Un giovane quartetto che aveva ricevuto lezioni da Haydn divenne il quartetto residente del Palazzo Lichnowsky nel 1794. Era composto da Ignaz Schuppanzigh, primo violino, Louis Sina, secondo violino, Franz Weiss, viola e Nikolas Kraft, violoncello. Karl Czerny, compositore e pianista, diceva: ‘Schuppanzigh non ha eguali nell’arte del suonare in quartetto (…) ed è il miglior direttore del suo tempo’.  Torneremo su questo argomento la prossima volta e vedremo cosa possiamo scoprire di più su Schuppanzigh: ad esempio che Beethoven lo chiamava scherzosamente ‘Falstaff’, ma che usava anche altri soprannomi decisamente più irriverenti per il violinista, nonostante avesse il massimo rispetto della sua musicalità.

Nel frattempo: cosa riuscite a scoprire su Schuppanzigh, primo esecutore dei quartetti di Haydn, Beethoven e Schubert?

Elizabeth Wilson

GUIDA ALL’ASCOLTO

Vi proponiamo alcuni spunti per scoprire o studiare più in profondità nuovi repertori o interpretazioni! Ecco dei consigli per l’ascolto.

Avete qualche suggerimento anche voi?  Ci piacerebbe ricevere i vostri commenti e suggerimenti!

Buon divertimento!

QUARTETTI DI HAYDN

Vorremmo iniziare la guida all’ascolto con i Quartetti di Haydn e portare avanti questa esplorazione fino ad esaurirli. Quanto tempo impiegheremo?

Hai un quartetto Haydn preferito o un movimento preferito tra quelli che conosci? Puoi dirci perché ti piace particolarmente, che cosa ha di speciale?

Abbiamo chiesto a Daniel Roberts, secondo violino del Castalian String Quartet, di raccontarci la sua scelta:

“Dover scegliere il tuo preferito tra i quartetti d’archi di Haydn è più o meno come dover decidere quale tra i tuoi 68 figli (chapeau!) sia il tuo prediletto, anche se a pensarci poi bene non ti ricordi proprio tutti i loro nomi – o le loro tonalità! Sono riuscito a restringere il campo a una delle raccolte: i sei quartetti dell’op. 76. Si aprono con una cadenza celebrativa in sol maggiore, annunciazione e dimostrazione della straordinaria forza risonante di un quartetto d’archi compatto, per poi continuare con un succedersi sotto i riflettori di tutti gli strumenti a partire dal violoncello. Da qui in avanti farò il possibile per limitarmi ad alcuni dei momenti più salienti! Prendete ad esempio la speranza mista a struggimento del corale del movimento lento nel primo quartetto, oppure l’Allegro nello stile “Sturm und Drang” del secondo (il tema qui è ingegnosamente costruito di sole quinte giuste), seguito dalla semplicità quasi folkloristica del pizzicato dell’Andante o più tosto allegretto. Io adoro il Menuetto: un sabba in forma di canone dove il violoncello e la viola vanno a caccia dei due violini inseguendoli ad una sola battuta di distanza. Segue il famoso quartetto detto Imperatore, con il suo movimento lento di una bellezza devastante, che riconoscerete come l’inno nazionale tedesco. Il quartetto n.4 si apre con una delicata frase ascendente del primo violino che gli è valso il soprannome di Aurora, mentre il n. 5 è dominato da uno squisito largo in fa diesis maggiore e assolutamente da non perdere è la sua sfrenata quadriglia finale! A coronare la raccolta è il Quartetto in mi bemolle maggiore, il cui movimento lento, straordinariamente in si maggiore, è il mio preferito. Nell’ op. 76 Haydn ci si presenta in tutto il suo sfarzo, con la piena padronanza di una forma d’arte che egli stesso, senza alcuna influenza esterna, ha elevato a questo livello di splendore, con sei quartetti pervasi in egual misura di subdolo ingegno e espressività palpitante. Buon ascolto a tutti!’”

F. J. Haydn, Quartetto in re minore op. 76 n. 2Castalian String Quartet

Anche Simon Rowland Jones, curatore dell’Edizione Peters dei Quartetti per archi di Haydn e Presidente onorario dello Xenia Chamber Music Course, ci racconta il suo quartetto di Haydn preferito:

“L’idea di scegliere un preferito tra i quartetti d’archi di Haydn richiede inevitabilmente un compromesso. Innumerevoli volte durante gli anni passati a curare la nuova edizione (integrale dei quartetti d’archi di Haydn per Peters n.d.r.) ho finito per convincermi che il quartetto su cui stavo lavorando in quel momento fosse il mio preferito o il migliore. In definitiva, se dovessi proprio scegliere un solo quartetto da portare con me sulla famosa isola deserta, sarebbe, per lo meno oggi, il quartetto in si bemolle op. 64 n. 3. Haydn è famoso per il suo senso dell’umorismo, che io preferisco chiamare arguzia, perché la sua musica in verità non mi fa tanto ridere quanto piuttosto, molto spesso, sorridere. Composti nel 1790, i quartetti dell’op. 64 segnano la conclusione dei trent’anni di servizio di Haydn come maestro di cappella presso la famiglia Esterhàzy. In essi egli ha fuso il manierismo brillante ed estroverso della sua musica più tarda (bisogna ricordare che si tratta di opere scritte specificamente per importanti concerti pubblici londinesi) con l’elemento più privato, da intenditori, dei suoi primi quartetti, tra cui l’op. 20.Le battute di apertura del quartetto op. 64 n. 3 sono una splendida dimostrazione dell’arguzia haydniana, della sua capacità di sfruttare background musicali estremamente vari e della sua ineguagliabile maestria nel creare momenti di sorpresa. Il quartetto inizia con una frase irregolare di cinque battute, vivace, classica e conviviale, seguita da una coda di due battute che la chiudono di fatto prematuramente, in modo quasi ridicolo. Dopo una breve pausa, ecco che a partire dal violoncello inizia a galoppare il tema ritmico di una marcia equestre ungherese, una delle idee di Haydn più argute di sempre. Un po’ di sviluppo ed ecco che appare il secondo tema, la cui esistenza rappresenta di per sé un’arguzia, in quanto i secondi temi ben definiti e nella tonalità della dominante sono davvero inaspettati nei quartetti di Haydn. Esso rivela un carattere del tutto diverso, lirico, nello stile di un’aria accompagnata da un sagace rimpallo di semicrome tra le parti interne.  Se il primo movimento non fosse una ragione sufficiente per innamorarsi di questo capolavoro della scrittura quartettistisca, verso la fine dell’Adagio arriva uno dei momenti più rari dell’intera raccolta di quartetti di Haydn: la magica transizione ad una coda armonicamente così commovente che chiunque non può che esserne rapito. Queste poche battute sono davvero quanto di più bello e toccante si possa trovare tra i movimenti lenti dei quartetti di Haydn. Il sostanzioso Menuetto avanza domanda su domanda con l’uso arguto di trilli ed emiole, e il finale in stile galante riporta alla memoria l’elemento equestre di questo quartetto, con la sua baldanza e la sua allegria.

Ascoltatelo e, non appena arriverà il grande giorno in cui ci sarà nuovamente possibile riunirci a far musica da camera insieme, suonatelo: un autentico risveglio per lo spirito!”

F. J. Haydn, Quartetto in si bemolle maggiore op. 64 n. 3 – Quatuor Mosaïques (minuto 17’50”)

REGISTRAZIONI STORICHE

Quanti quartetti ‘storici’ conoscete? Ecco qualche registrazione precedente la Seconda Guerra Mondiale con le esecuzioni di tre quartetti attivi negli anni ’30:

Queste esecuzioni vi sembrano diverse da quelle contemporanee? In che modo? Avete delle preferenze? Avete consigli di esecuzioni di quartetti degli Anni 30 o anche precedenti?

BUONA PASQUA CON HAYDN!

Siamo felici di inaugurare il nostro Blog in tempo per farvi gli auguri per una Felice Pasqua. Haydn non compose una Passione in forma di oratorio per soli, coro e orchestra per la Pasqua come Bach. Scrisse invece un capolavoro per orchestra, adattandolo poi anche per quartetto d’archi: Le sette ultime parole di Cristo sulla croce, una meditazione musicale in nove movimenti sulle ultime parole pronunciate da Gesù sulla croce.

In questa versione delle Sette Parole di Haydn del Quatuor Mosaïques è possibile seguire la partitura durante l’ascolto:

CONSIGLI DI LETTURA

Angus Watson, Beethoven’s Chamber Music in Context, Boydell Press, Woodbridge 2010

Simon Rowland Jones, Note all’edizione completa dei Quartetti di Haydn, Peters

H.C.Robbins Landon, Haydn: a documentary study, Thames e Hudson 1981

H.C. Robbins Landon, Haydn. Vita e opere, Rusconi 1988

Giorgio Pestelli, L’età di Mozart e di Beethoven, Torino, EDT 1979

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